Intervista – Carmine Della Porta – “Zoe 49Q”

  1. Se astraiamo dal genere fantascienza presente nella drammaturgia di Zoe, l’idea di un centro Avatar dove poter ritrovare in una versione IA (intelligenza artificiale) i nostri cari ormai defunti è più una ricerca di aspirazione all’immortalità di un’anima o un modo di affermare la sopravvivenza, seppure in forme digitali, di un corpo?

Le letture di questo testo possono essere plurime. Dietro la reviviscenza dei nostri defunti in versione IA c’è sia la ricerca di aspirazione all’immortalità dell’anima che un modo di affermare la sopravvivenza “digitale” di un corpo, ma soprattutto l’idea materialistica che sia possibile prestare servizi alle persone ponendo al centro i loro bisogni attraverso la creazione di diverse forme di welfare digitale. In tale ottica, però, il servizio offerto a Molly è poco inclusivo e molto costoso, e sfrutta i suoi bisogni capitalizzando l’esperienza di rinascita di un corpo che sia depositario di una memoria familiare e che si presti a rimuovere la solitudine dalla vita della donna, con il risultato che si vedrà in scena.

  • Zoe 49Q è un testo intenso e struggente che ci parla di una tecnologia che consente di ripercorrere la nostra vita e le persone più importanti che ne hanno fatto parte attraverso un umanoide robot. Non è in fondo un modo per riflettere su un futuro in cui potremmo essere gli assassini dei nostri ricordi?

Con questo testo volevo riflettere sull’oblio come altra forma della memoria, suo “vago sottosuolo”, come scrive Borges in Elogio dell’ombra. La malattia di Molly rappresenta il rischio della “fine di un mondo” (alla maniera dell’antropologo Ernesto de Martino), la sparizione nel sottosuolo di ogni segno custodito durante un’intera esistenza: la donna ha bisogno di un punto di riferimento per non sentirsi persa, per non sentirsi sola. L’Avatar attiva una possibilità per Molly di reintegrazione nel presente tragico attraverso la sua memoria prodigiosa. Ma come dirà l’Avatar Zoe, più che chiudersi nei ricordi del passato, è importante per Molly – e per chiunque – impegnarsi nel ricordarsi sempre di sé nel presente attuale, stimolare una memoria presente cercando di realizzare (etimologia: “rendere reale”) la propria vita in ogni istante, anche nel tempo del lutto e della malattia.

  • Come vede il rapporto nel futuro tra teatro e intelligenza artificiale? Sono due mondi così distanti?

L’intelligenza artificiale è un linguaggio espressivo, come il teatro, e con il teatro può dialogare alla ricerca di significati nuovi, ancora nascosti. In scena si praticano esperienze inedite, imprevedibili, e nuove sperimentazioni possono prendere vita alla luce del bisogno umano di raggiungere conoscenze altre. In questo senso, il teatro può diventare il luogo fisico in cui continuare a sostenere una riflessione sullo statuto delle nuove intelligenze artificiali (proprio attraverso l’uso delle stesse e la loro mescolanza con il linguaggio teatrale) e la configurazione del rapporto uomo-AI, AI-testo, e AI-azione. Il cammino sempre più veloce della tecnologia non può non avere effetti profondi sull’immagine che abbiamo di noi, e non indurci a continue domande sul nostro essere umani: se ci specchiamo nell’Altro, se ci specchiamo nell’Avatar Zoe, quale immagine vediamo riflessa? Cosa ci dice di noi l’interazione con questa figura?

  • Cosa l’ha spinta ad aderire alla proposta contenuta nella Rassegna del “Canotto parlante” 

Al di là dell’affezione per il tema della memoria e il rapporto con il mondo digitale, il sostegno da parte dell’organizzazione per la ricerca di una compagnia che potesse rappresentare il testo è stata determinante per convincermi a partecipare a questa Rassegna, dato che non ho ancora un gruppo di riferimento con cui collaboro in modo continuo. Nello specifico, ringrazio Claudio Nicolini che mi ha permesso di conoscere Valentina Bandera, regista con cui sin da subito si è avviata un’intensa circolazione di saperi, e tutte le attrici e l’attore di “Linea di confine”, Elisabetta Mancusi, Tiziana Galliani, Elena Giovannini e Luca Bellesi, che hanno raccolto, ascoltato e ricreato il senso e le intenzioni delle mie parole e delle riflessioni con cui l’opera vuole indirizzarsi alla socialità tutta.

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