CHIMERE TRUFFALDINE

È un testo teatrale in cui protagonista è la non-comunicazione. I tre personaggi non dialogano,
monologano, ruminano i loro pensieri e desideri. I loro soliloqui emergono come il fulcro
dell’irremovibilità negli incontri personali sia casuali che organizzati o pianificati.
È come se tra loro si fosse inserito una specie di spettro-ombra che ostacola e interrompe il processo
dell’ascolto dell’altro: così la conversazione intrapresa risulta quasi insensata, inappropriata. Vi è
una sorta di naufragio persistente nell’incapacità di prestare attenzione al “fuori di sé”.
Immutabili fantasmi che interrompono puntualmente tutti i processi socievoli, estroversi, anche
affabili, affossandoli nella banalità soprattutto nei contatti fra familiari o nei legami relazionali.
Nella commedia composta da quattro scene aleggia un’atmosfera dissonante e indifferente fra i tre
personaggi principali che cercano di conversare fra di loro!
La loro incomunicabilità è assistita, per caso da un quarto personaggio di nome Boh.
Un pensionato che essendo seduto vicino al loro tavolino in un plateatico di un bar, è testimone dei
dialoghi che” non si intrecciano” fra i tre.
A Boh colpisce molto il dialogo truffaldino di Edoardo verso Ava. Non comprende cosa in effetti
desidera da lei!

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